In che modo l’arte produce realtà? È la domanda da cui parte la mostra Reality bites. L’arte produce realtà, allestita a partire dal 29 agosto (con vernissage alle ore 19) negli spazi della Galleria Fucina d’Arte di Pietrasanta. La rassegna, curata da Alessandro Romanini, si colloca nell’ambito dell’iniziativa collettiva Fabbrica Millul, il nuovo distretto dell’arte alle porte di Pietrasanta, legato all’arte e al design e costituito da Galleria Giovanni Bonelli, Lucifero Design e Galleria Fucina d’Arte.
La mostra espone le opere di venti artisti (diversi per poetica, tecnica e appartenenza anagrafica), che adoperano diversi media, ma con un tratto comune: un approccio analitico ed elaborativo della realtà. Una realtà che le opere non riproducono in maniera mimetica, ma che spesso anticipano in forma profetica, producendo “morsi di realtà” (questa la traduzione del titolo della rassegna) in forma nuova, dotati di dinamiche interpretative e spazio-temporali innovative, altre. Ma il titolo allude anche a una “realtà che morde” (altra possibile traduzione della frase “reality bites”), e quindi a una storia che si esibisce negli spazi espositivi, con il loro genius loci, pagine infauste (quelle della famiglia Millul, storica proprietaria del complesso in cui oggi sorge il nuovo distretto artistico, perseguitata dai nazifascisti in quanto ebrea) che uniscono in un’unica riflessione la dimensione locale e quella mondiale.
Tra gli artisti che espongono ci sono diversi grandi nomi dell’arte nazionale e internazionale: Stefano Arienti, Roberto Barni, Bertozzi & Casoni, Fernando Botero, Michelangelo Consani, Vittorio Corsini, Amedeo Desideri, Aron Demetz, Chiara Del Vecchio, Giuseppe Donnaloia, Roberto Fanari, Luca Gaddini, Veronica Gaido, Piero Gilardi, Rachel Lee Hovnanian, Javier Marin, Karen LaMonte, Mimmo Paladino, Alessandro Papetti, Massimiliano Pelletti, Michelangelo Pistoletto, Matteo Pugliese, Marc Quinn, Salvo, Antonio Sidibè, Antonio Trotta, Giuseppe Uncini. Ognuno dei quali declina la realtà in modo diverso: le loro opere diventano quasi antenne capaci di captare impulsi dal passato e dal presente per dar vita a ipotesi future concrete e applicabili costruite sull’immaginazione.
“Varie e articolate”, si legge nella presentazione della mostra, “le strategie messe in campo dagli artisti in mostra: ricomporre volumetrie e cromatismi della dimensione architettonica e paesaggistica (Salvo), integrare la scultura con l’architettura e ibridarla nelle sue influenze da oriente a occidente (Pugliese) coinvolgere lo spettatore sul terreno della percezione (Fanari, Gaido), dialogare con il tempo e il concetto di classico (Paladino, Pelletti), sperimentare l’inesauribile universo plastico della figura (Demetz) e i suoi volumi e parametri strutturali (Botero), utilizzare materiali non deputati in esercizi plastico-pittorici (Arienti), stravolgere l’impiego decorativo di materiali come la ceramica in iconografie contemporanee (Bertozzi & Casoni), piegare i vari materiali al servizio di anatomie osate (Marin), elaborare concettualmente la realtà (Pistoletto), i materiali e le fonti classiche (Consani) e la natura (Gilardi, Sidibè), accentuare la dimensione ludico-dadaista (Desideri), per citare alcune soluzioni in mostra”.
Per ulteriori informazioni è possibile visitare la pagina Facebook di Fucina d’Arte.
Nell’immagine, uno degli “inganni arcimboldeschi” di Bertozzi e Casoni.